Essere nerd della parola e vivere felici

Il 7 ottobre ero alla Cascina Cuccagna di Milano ospite di un evento organizzato da Langue&Parole. Per me è molto piacevole parlare quando il pubblico è interessato, partecipativo e ride di gusto: 45 minuti passano come 5. Ma questa volta ho anche imparato tanto dalle relatrici presenti: Elisa Tassara, Silvia Pareschi e Lodovica Cima.

Elisa Tassara, che si occupa di strategie di marketing, è davvero brava e competente, ma qui parlo di Silvia e Lodovica che sento molto vicine per la materia con cui lavorano (e sognano) tutti i giorni: la parola scritta.
Silvia Pareschi è una traduttrice da scappellarsi, tra i tanti cito Franzen (esatto lui), però, se vuoi approfondire, questo articolo racconta bene chi è.
Ascoltando Silvia ho capito che la traduzione è qualcosa che sento vicina, nella pancia. Già La voce del testo di Franca Cavagnoli mi aveva aperto la mente su certi aspetti che afferiscono allo scrivere in generale, non solo al tradurre.

Con Silvia, sabato, ho finalmente messo a fuoco che le nerd della parola, come io a volte mi chiamo, hanno modus operandi simili. È quel parlare con passione, seguendo le slide e poi cercando di domare i mille rivoli di infinite altre possibilità di discorso che potresti fare, cercando di bloccare con dolcezza i conati di approfondimento che faresti ancora e ancora. È quel guardare le parole come se fossero griffate, truccate e ingioiellate con fine eleganza, è quell’ammirarle da fuori e nel contempo immergerti in una sessione di sega stryke per compiere una magnifica autopsia del testo.

Silvia ha parlato dell’equilibrio che chi traduce deve mantenere tra il principio di trasparenza (cioè la necessità di rispettare il pensiero, lo stile, l’anima dell’autore) e quello di autoaffermazione del traduttore (cioè l’ubris che lo porterebbe a dire “ti spiego io come si scrive questo, tu non sei capace”). È stata una lezione bellissima, intensa, vissuta, dove Silvia ci ha proposto la sua umiltà di persona consapevole dei rischi e però pronta a buttarsi e amare fortemente il testo che traduce. Silvia è anche insegnante di italiano a San Francisco e mai come sabato scorso ho sofferto di invidia: ho invidiato ciascuno dei suoi allievi, nessuno escluso 🙂

Lodovica Cima solo io l’ho scoperta sabato. Si occupa dall’inizio della sua carriera di editoria per ragazzi, non solo come curatrice di collane (prima per Mondadori e adesso per il Gruppo Editoriale San Paolo), ma anche come scrittrice e da quest’anno come editore. La bella notizia è infatti che, in collaborazione con Langue&Parole, Lodovica ha lanciato una casa editrice di gialli per ragazzi: Pelledoca. Sabato non si è limitata a parlarci dell’iniziativa, ma ha letto ad alta voce alcune pagine dei libri che ha già pubblicato ed è lì che si è creata la magia.
Per me la parola ascoltata è ogni volta come un’apertura di sipario: la voce dà il 3D alle parole, le rende vere, esagera i silenzi, rende toccabili i concetti e piano piano ti senti portare via, verso un mondo altro. Anche io uso spesso la lettura ad alta voce, ma per fini molto più prosaici: faccio sentire come suonano lontani, “fuffosi” e quindi inutili certi testi pieni di formule vuote e di sintassi pesantissima.

Lodovica invece ci ha portate in alto, con un amore per il testo che le proviene visibilmente da dentro. Ci ha incollate a quelle parole che per il fatto di arrivare ai cuori e alle menti di bambini e ragazzi devono per forza avere ritmi, suoni e pause diverse da quelle a cui siamo abituati nella narrativa per adulti. Difficilissimo scrivere per bambini e ragazzi, difficile e sfidante insieme. Come tutte le cose belle, come tutte le avventure, come tutti i nuovi inizi.

Scritto da Annamaria Anelli

Sono una business writer e aiuto le aziende a prendersi cura dei propri clienti, con la scrittura

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