La scrittura parte dal sorriso (due)

Questa è la seconda parte delle mie riflessioni sui modi per affrontare il panico da pagina bianca. Nel post precedente ho dato la mia personale opinione sulle scalette: usate all’inizio, quando ancora si hanno vaghe idee su cosa si scriverà, non servono. Anzi, aumentano il livello d’ansia. Che cosa può aiutarci ad affrontare il processo di scrittura con il sorriso? Ad esempio pensarlo come una caccia al tesoro che porta allo scoperto parole già presenti da qualche parte dentro di noi. Basta solo trovarle!

Secondo me la scrittura ha anche bisogno di qualche rito, di un qualche modus operandi, di un qualcosa di conosciuto che per noi diventa come la copertina di Linus, come l’oggetto transizionale di quando eravamo piccoli.

Insomma, la scrittura ha bisogno che noi ci sentiamo bene, fuori e dentro.

E guarda qui chi spunta?

Consigli di scrittura presi da intervista a Hernest Hemingway

Esatto, Hernest Hemingway.

Durante il laboratorio sulla creatività che ho svolto alla UAUAcademy di Trieste insieme a Rosy Russo, ho proiettato questa slide. Parlavamo del panico da pagina bianca, con tutte le sue declinazioni virtuali, e questi dieci consigli su come ritualizzare il processo di scrittura li ho molto amati.

Non li ha dati certo Hemingway, li ho ricavati io da un testo che non smette mai di ispirarmi: Il principio dell’iceberg. Si tratta di un’intervista sull’arte di scrivere e raccontare che gli hanno fatto nel 1954 e che si trova nel volume “I quarantanove racconti”, edito da Einaudi.

L’autore dell’intervista raccoglie le parole e i moti dell’anima di Hemingway, ma registra anche, con molti particolari, le sue abitudini, i suoi riti, i suoi luoghi del cuore.

Da questi dettagli ho distillato dieci modi per preparare il terreno per la scrittura:

  1. Non c’è un solo posto (e magari non è lo studio): Hemingway scriveva in camera da letto. Per scrivere il luogo è fondamentale e magari scopriamo che proprio lo studio o la scrivania che abbiamo deputato a ciò fa da respingente. Cerchiamo in casa (magari, per qualcuno, fuori) qual è il posto che ci aiuta a ispirarci e a raccoglierci.
  2. Star bene in quel posto (luce, sole, spazio): dove scriveva Hemingway la bellissima luce del giardino entrava e si rifletteva sulle pareti bianche e sul pavimento ocra. Quando abbiamo trovato il posto giusto, attrezziamolo con quello che ci serve. Leviamo via gli impedimenti, facciamo spazio se è troppo pieno di cose, spostiamo le tende per vedere il sole e bere la luce.
  3. Vicini i libri e gli oggetti cari (effetto cuccia): Hemingway era attorniato da due librerie, da un paio di pantofole e da un paio di mocassini sformati. Per scrivere dobbiamo sentirci tra amici, quindi portiamoci vicini i libri che ci piacciono o quegli oggetti che se andasse a fuoco casa vorremmo portare via di sicuro.
  4. Un caos conosciuto (caos ordinato): Hemingway scriveva circondato da un ordinato ammasso di scartoffie e promemoria. Non importa se, insediandoci nel posto che ci fa sentire bene, facciamo disordine. Quello è il nostro disordine-ordinato (il disordine-disordine lo abbiamo già sistemato eliminando tutto ciò che occupava quello spazio “abusivamente”).
  5. A portata di mano i materiali (fisici e virtuali): il piano di lavoro dove Hemingway scriveva era pieno di libri, manoscritti e pile di fogli coperti da giornali. Per scrivere ci conviene avere a portata di mano tutto quello che ci serve da leggere, guardare, ascoltare. Non possiamo alzarci ogni cinque minuti per andare a cercare questo o quello. Allo stesso modo, raduniamo più che possiamo link e file: è spossante andare a cercare i file qua e là (e poi ogni occasione è buona per distrarci).
  6. Star comodi (non per forza in posizione yoga): Hemingway scriveva in piedi, magari a noi va benissimo star seduti davanti al computer; comunque, troviamo la posizione che più sentiamo nostra.
  7. Avere una routine, un rito (per entrare nel mood): Hemingway scriveva prima tutto su fogli di carta velina che poi inseriva a rovescio su un portablocco, a destra della macchina da scrivere. C’è chi prima deve impilare i fogli (anche se poi scrive al computer, non a mano), chi bagna la piantina, chi fa entrare aria nella stanza. Ognuno si cerchi quel piccolo rito che lo predispone a entrare nella condizione mentale utile a fare vuoto, per poi riempirlo.
  8. Premiarsi (anche per singoli “obbiettivini”): quando Hemingway era particolarmente soddisfatto del lavoro fatto, il giorno dopo si concedeva qualche ora di pesca. Magari a noi basta un gelato, un pranzo con un’amica o una dormitina col sorriso sulle labbra.
  9. Avere un segreto (lui lascia quando sa come va a finire): Hemingway smetteva di scrivere quando aveva già in mente come la storia sarebbe andata avanti, così il giorno dopo riprendeva da un punto già noto e procedeva molto più spedito. Da lì in poi, le idee arrivavano a ruota, una dopo l’altra. Il nostro “segreto” potrebbe essere che prima di metterci a scrivere chattiamo sempre con la stessa persona oppure che apriamo a caso un libro e partiamo dalla prima parola che ci salta agli occhi. Dico che è un segreto perché ognuno deve cercarsi il proprio e non lo deve confessare a nessunissimo al mondo.
  10. Stare in salute (star male occupa la mente e toglie energia): Hemingway diceva che la cattiva salute è una fonte di preoccupazioni che attaccano il subconscio e disperdono le riserve di energia. Se non ci sentiamo bene, non riusciremo a scrivere nemmeno una riga, troppo sforzo mentale per tentare di tenere a bada il dolore (grande o piccolo) e la sensazione di spossatezza. Quindi meglio farsi una dormita o curarsi, prima di incominciare.

Chissà che magari questi suggerimenti ispirati da un Grande possano esserci utili anche quando ci tocca il tema “Gli Egizi e i metodi per costruire le piramidi”. Sì, qualche piccolo rito può essere utile anche ai nostri bambini, o qualche bugia, almeno: ti ricordi che l’altra volta, con le calze antiscivolo dei dinosauri, le parole sono uscite fuori più facili?

Chi ha i figli in età da One Direction, si attrezzi 😉

Bon, finisco qui.

Ricordati solo una cosa: la scrittura parte dal sorriso  🙂

foto di Marco Borgna

Scritto da Annamaria Anelli

Sono una business writer e aiuto le aziende a prendersi cura dei propri clienti, con la scrittura

2 commenti su “La scrittura parte dal sorriso (due)”

Lascia un commento