ll BTO (Buy Tourism Online) si è concluso da qualche giorno e sono davvero soddisfatta. Mi ha dato la possibilità di fare un esperimento di storytelling crossmediale piuttosto interessante ed è stato anche una bella festa iniziata col mojito insieme a Miriam il lunedì sera e finita col racconto di un avventuriero-motivatore il mercoledì pomeriggio. Ma che cosa voglio di più?
L’emozione la lascio al fondo del post, se no mi fermo e non vado più avanti (mi pare di sentire @gluca: c’è troppo pathos, qui).
Prendo il via da questo tweet di Giuliana Laurita
mi imbatto in un paio di profili di persone che si definiscono “storyteller”. e mi chiedo che mestiere farà mai uno storyteller
— giuliana laurita (@forbiceverde) 11 Novembre 2014
Già, che mestiere farà mai?
A monte c’è il perpetuo problema della ricerca della definizione univoca: alla domanda “ma tu che cosa fai” io rispondo a seconda dell’interlocutore e della situazione e così sono un po’ diversa tutte le volte. Ma forse è il fatto di cercarsi un’unica etichetta che non funziona più: in questi tempi di professionalità fluide ti scappa sempre un po’ di qua e un po’ di là la coperta del singolo “nome”.
E così, chi è lo storyteller? In realtà lo siamo un po’ tutti quando ci raccontiamo con un tweet, uno status o un post. Ma allora non esiste?
Io la penso così: lo storyteller non è una figura professionale (scusa, puoi mica darmi il numero di quella lì, che fa la storyteller…), ma è un professionista della comunicazione che maneggia con disinvoltura la narrazione e decide quali strumenti e quali canali usare a seconda dei contesti. Anche un giornalista, lo è, un fotografo.
Lo storyteller racconta quello che vede, capisce e sente e in qualche modo lo rielabora per lasciare la sua cifra. Può farlo twittando, girando un video, fotografando o può farlo inventandosi un format.
Alla base c’è che narra, trova il modo di far uscire la storia e di inserirla dentro un flusso. Il primo problema è questo: posso anche saper raccontare, ma, se non c’è nessuno ad ascoltarmi, svolgo un semplice esercizio di solipsismo. Secondo problema: il flusso grazie alla rete è assicurato, ma come faccio a farmi pescare e tirare su tra le cose che scorrono?
Io sono fortunata perché ho un esempio concreto molto recente.
Ho fatto parte del Social Media Team che ha raccontato il #BTO2014 e mi sono inventata un format: la cartolina. Il massimo dell’analogico inserito nel flusso digitale di un tumblr. La cartolina è qualcosa che ci siamo quasi dimenticati, ma io l’ho immediatamente associata al turismo (e quindi al BTO) e da lì a farmi venire l’idea di spedire cartoline da Firenze è stato un lampo.
Ho fatto stampare le cartoline (vuote) su un cartoncino di carta riciclata che le rende immediatamente cenestesiche: vi vien voglia di toccarle, cioè. Una volta riempite con i miei appunti, le ho fotografate con l’I-Phone, aggiustate con Snapseed e poi le ho pubblicate su tumblr.
Dietro a ognuna di esse si vede il fondo sul quale sono appoggiate. Scarsa professionalità? Ma nooooo! Una cartolina “deve” risultare appoggiata da qualche parte: non le scrivevate forse sul retro della valigia, sulla schiena dei compagni di viaggio, sul pavimento sporco del traghetto? Come può suscitarvi ricordi ed emozioni, se sa di standard e di leccato lontano un miglio? (Poi però, ai relatori, una volta tornata a casa, ho mandato le scansioni delle cartoline originali come ricordo).
Insomma, dal punto di vista estetico, gli eventuali difetti si sono trasformati in punti di forza; entrando nello specifico del contenuto, invece: se è vero, ed è vero perché lo dice Miriam Bertoli, che i contenuti fanno girare il mondo, come li ho declinati nelle cartoline?
La maggior parte degli appunti che ho preso e inserito nelle cartoline possano essere inseriti in altrettanti tweet. Il lavoro di sintesi che occorre è lo stesso: salvaguardare il succo di ciò che viene detto in quel momento e condensarlo in poche parole.
In più, sulle cartoline avevo la necessità di presidiare lo spazio: come facevo a sapere se i contenuti dello speaker sarebbero stati tanti o pochi, tutti interessanti o tutti facili da sintetizzare? Potevo dare la priorità ad alcuni argomenti, che magari capivo di più, a scapito di quelli a me meno vicini?
Chiaro che in un evento live come il BTO non potevo prepararmi prima, se non andando a dare un’occhiata ai cavalli di battaglia degli speaker che pensavo di seguire. Alcuni li conoscevo, altri li ho scoperti e grazie alla rete alcune info le ho raccolte. Ma il live è il live e un po’ di ansia da prestazione ce l’avevo: il relatore avrebbe ritrovato se stesso? Avrebbe apprezzato la scelta e il punto di vista?
Ecco, nelle cartoline ho raccontato ciò che più mi ha colpita, ciò che sono stata in grado di rielaborare al meglio. So di dover migliorare nel disegno e nella calligrafia, ma ho imparato anche che reggo bene il poco tempo e che riesco a passare da un argomento all’altro senza problemi.
Giuliana, lo storyteller è quindi anche colui o colei che trova la maniera di raccontare un evento in formati non scontati, predilige le contaminazioni, ha una buona capacità di sintesi e ama tutte le forme di trasmissione della conoscenza.
Siccome credo molto nella riduzione rispettosa della complessità, faccio mia una frase di Allevi: la semplicità è la complessità risolta, non la banalità.
Il commento più divertente del BTO l’ho ricevuto da Rocco che a un certo punto, mentre disegnavo, mi si è avvicinato e, indicando le cartoline, mi ha chiesto: “Anna, dove le hai prese queste?”. Non si è accorto di quanto piacere mi ha fatto 🙂
E adesso le emozioni:
- ho toccato @robertamilano (addirittura l’ho abbracciata e baciata)
- ho conosciuto @insopportabile (e la santamoglie) e ho visto da vicino l’effetto che fa alle fan
- ho finalmente abbracciato @svoltarock (ero sicura che sarebbe stato come ritrovare un pezzetto di me)
- sono finita nelle slide di @mafedebaggis e @gallizio con una mia mappa mentale
- ho visto da vicino quanto trascina @sergiocagol (e sono rimasta contagiata dal sorriso di @lcrame)
- ho finalmente capito che @paola_faravelli riesce a fotografarmi perché vede al di là
- ho fatto per la prima volta parte di un Social Media Team raccontando un evento così interessante insieme a tante altre persone (che taggo virtualmente qui tutte!!!)
- ho fatto tenerezza a @manuvic69 che ha twittato per me quando, disperta, mi sono accorta di aver perso gli occhiali (ma il giorno dopo li ho ritrovati!).
Il tuo modo di fare storytelling è stato innovativo nella sua semplicità! 🙂
Brava davvero Annamaria! 🙂
Grazie Marco, non sai quanto mi faccia piacere il tuo commento (e, credimi, non lo dico tanto per dire!).